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IL FENOMENO DEL SEXTING ANCHE TRA PREADOLESCENTI E ADOLESCENTI

  • Immagine del redattore: Dott.ssa Enrichetta Proverbio
    Dott.ssa Enrichetta Proverbio
  • 31 mar 2022
  • Tempo di lettura: 4 min

CONDIVISIONE DI MESSAGGI A SFONDO SESSUALE ATTRAVERSO DISPOSITIVI MOBILI IN RETE O PC. IL FENOMENO DEL REVENGE PORN DELITTO DI PORNOGRAFIA MINORILE ANCHE PER L’ISTIGATORE


Il fenomeno del sexting consiste nella condivisione di messaggi a sfondo sessuale attraverso l'utilizzo di pc o dispositivi mobili in rete. In internet e nel contesto dell’uso dei social network questa pratica è diffusa soprattutto tra gli adolescenti con gravi rischi connessi proprio per la delicatezza dell'età dei soggetti coinvolti.


Lo sostiene peraltro “Save the children” che, intervenuto sull'argomento sulle colonne del proprio sito ufficiale, scrive: “Il sexting tra gli adolescenti rientra pienamente nel processo di costruzione scoperta della propria identità, tipico di questo periodo. Insomma non è niente di nuovo, ma i mezzi attraverso cui si esprimono sono cambiati e si sono evoluti nel tempo”.


L’utilizzo di strumenti quali internet e social network impediscono di fatto una rimozione sicura e definitiva di tutto ciò che ivi inizia a circolare, comportando di fatto l’impossibilità di cancellare completamente gli effetti dannosi che condotte come quelle innanzi descritte comportano.


Ad esempio, secondo quanto riferito da Inside marketing "il 6% dei ragazzi comunità inferiore ai 14 anni avrebbe inviato foto intime tramite messaggi privati”.

Questo fa dunque capire che il sexting è praticato anche da preadolescenti la cui posizione, al cospetto della legge, richiama una presunzione assoluta di incapacità di intendere e di volere.


Un caso particolare è quello di cui si è occupato il Tribunale di Salerno con la sentenza 18 novembre 2021, n. 3503.

Il fatto: un uomo ha inviato messaggi piuttosto espliciti a una bambina di soli 10 anni.

Stante l'evidenza della condotta, l'aggressore è stato poi condannato per il reato previsto dall'art. 609 undecies del codice penale, ovverosia adescamento di minorenni.


La denuncia è scattata quando la madre, insospettita dal comportamento della bambina, ha finto di essere l'ignara vittima palesando la sua minore età. Malgrado l'avvertimento, l'uomo abbia insistito con la sua condotta criminosa.


Il giudice ha sancito che il reato previsto dal codice si manifesta con l'invio di messaggi anche se la titolarità dell'utenza telefonica appartiene a un diverso soggetto: debole la difesa vertente sulla non conoscenza della età dell’interlocutore telefonico, dato che i minori non possono essere intestatari di smartphone o utenze telefoniche. Il reato si manifesta anche se si adduce, quale giustificazione, l'ignoranza dell'età dell'interlocutore.


Questi elementi non precludono il perfezionamento della fattispecie criminosa.

Il giudice ha altresì stabilito che adescamento di minorenni è un reato di pericolo concreto.

In altre parole, il reato si configura anche se non c'è stata una concreta lesione del bene giuridico posto tutela dalla norma.

Nei reati di pericolo concreto, per far sì che il fatto tipico si consumi, è sufficiente il pericolo. Pericolo che in questo caso esiste e non è trascurabile.

L'obiettivo della norma è quello di prevenire conseguenze irrimediabili, cioè a dire neutralizzare l'alea di un più grave reato a sfondo sessuale.


La sentenza del Tribunale di Salerno assume una grande rilevanza non solo dal punto di vista giuridico, ma anche sociale, ed è questa la ragione profonda per cui questo caso fa così “rumore”.

Più di un pedagogo ha sottolineato che i tanti genitori "si affidano" agli smartphone per tenere impegnati - per non dire distratti - i propri figli.


Restano lì a giocare per ore e ore, quasi ipnotizzati dallo schermo del dispositivo, rapiti da un'insana virtualità. Questa pratica è molto pericolosa non solo per l'educazione dei minori, ma anche per altre questioni non meno importanti. Parliamo ovviamente della salute e poi dei rischi collaterali come appunto quello analizzato nel caso de quo.


In conclusione, condividere immagini esplicite significa automaticamente perdere ogni dominio su di esse. Una volta inviato il messaggio la loro diffusione sul web non è più controllabile, ma in questo caso si passa a un’altra fattispecie, non meno drammatica: quella del revenge porn.


A proposito di revenge porn, il Garante per la protezione dei dati personali, per tentare di arginare questo insano fenomeno, il 18 febbraio 2022 ha approvato una delibera che consente a chi si sente minacciato di inviare una segnalazione attraverso un modulo online.

Tale procedura tende a velocizzare (e ampliare) le richieste di tutela e sarà disponibile a breve: l'Autorità deve agire entro 48 ore dal momento della segnalazione. L'attuale sistema – si legge peraltro sul Sole24ore - “limita l’intervento del Garante a Facebook e Instagram, con cui l’Autorità ha stretto l’anno scorso un accordo di collaborazione contro questo fenomeno odioso, che in alcuni casi ha spinto la vittima a togliersi la vita”.


Ecco perché è importante implementare le aree di protezione.


E ancora.

Secondo la Sentenza 9 novembre 2020 n. 31192 della Corte di Cassazione la situazione cambia ancora, e in peggio, se si istiga un minore a condividere immagini esplicite (e quindi, in un contesto che va oltre il mero, ma non per questo meno grave, scambio di messaggi).


"Risponde del delitto di pornografia minorile, punito dall’art. 600-ter, comma primo, n. 1, cod. pen. anche colui che, pur non realizzando materialmente la produzione di materiale pedopornografico, abbia istigato o indotto il minore a farlo, facendo sorgere in questi il relativo proposito, prima assente, ovvero rafforzando l’intenzione già esistente, ma non ancora consolidata, in quanto tali condotte costituiscono una forma di manifestazione dell’utilizzazione del minore, che implica una strumentalizzazione del minore stesso, sebbene l’azione sia posta in essere solo da quest’ultimo".


Non costituirebbe reato la ricezione di materiale esplicito inviato dal minore senza precedente “provocazione”. Ma i contorni non sono così delineati come sembra. Se l'agente, con linguaggio allusivo, ingenera nel minore il proposito di condividere materiale pedopornografico senza "chiederlo apertamente", comunque sarà ritenuto responsabile.


Quello che conta, così com'è abbastanza intuibile, ai fini del verificarsi della fattispecie criminosa è la volontà del minore. Capire cioè se si tratta di una libera scelta o se c'è stata, anche indirettamente, una forma di coercizione.


Concludendo

Internet, i social network, i cellulari in rete sono pericolosi per i ragazzi anche preadolescenti.

Affidarsi ad essi per tenere occupati i figli è oltre che sbagliato estremamente pericoloso.

A tutela dei ragazzi, se non bambini, il legislatore e la giurisprudenza cercano di dilatare le gravi responsabilità di chi strumentalizza i ragazzi stessi, ravvisando delitti sempre, senza se e senza ma.


Avv. Enrichetta Proverbio Amministratore di Consulenze Avv. Enrichetta Proverbio S.R.L.S.
 
 
 

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